Il panorama dell’arte contemporanea vive oggi una fase di intensa trasformazione, dove le tensioni
estetiche si intrecciano in maniera sempre più stretta con i meccanismi del mercato. Non si tratta soltanto
di nuovi linguaggi e tematiche, ma di un vero e proprio riposizionamento del sistema, segnato da
entusiasmi innovativi e allo stesso tempo da fragilità strutturali. Sul piano dei contenuti, gli artisti si
confrontano con le urgenze più pressanti della contemporaneità. La riflessione sull’identità e
sull’inclusione, un tempo confinata a spazi marginali, è ormai pienamente accolta dalle principali istituzioni
e biennali. Opere come quelle della boliviana Violeta Ayala, che intrecciano intelligenza artificiale, oralità
indigena e narrazione femminile, o i mondi digitali dell’artista cinese Lu Yang, in cui avatar e cosmologie
orientali dissolvono il concetto stesso di genere e corporeità, mostrano come l’arte oggi sia al tempo stesso
documento politico ed esperienza estetica. Parallelamente, emerge con forza l’interesse verso la tecnologia
e i suoi limiti. Mostre come Inanimate, presentata a Londra, interrogano l’intimità mediata da algoritmi, la
memoria dei corpi digitali e la sottile frontiera tra umano e non-umano, mettendo in luce quanto l’AI non
sia solo un mezzo formale, ma anche un oggetto di critica culturale. Eppure, nonostante la spinta
tecnologica, non si può parlare di un superamento delle forme tradizionali. Al contrario, si assiste a un
ritorno della pittura e della scultura, spesso reinterpretate con un approccio materico e ibrido. Installazioni
che combinano elementi organici e sintetici, opere che uniscono tessuti, oggetti domestici e suono,
esperienze immersive che oscillano tra intimità e spettacolarità: tutto concorre a costruire un’estetica
dell’ibrido, dove il concetto di medium è sempre più poroso e secondario rispetto alla capacità di generare
esperienze e relazioni. Se dal punto di vista stilistico l’orizzonte appare fertile e complesso, quello del
mercato si rivela più instabile. Secondo il The Art Basel & UBS Art Market Report 2025, il settore Post-War e
Contemporary ha registrato nel 2024 un fatturato complessivo di circa 57,5 miliardi di dollari, in calo del
12% rispetto all’anno precedente. Una frenata significativa, che si inserisce dopo anni di crescita e che
segnala la vulnerabilità di un mercato fortemente polarizzato: Stati Uniti, Cina e Regno Unito concentrano
da soli circa l’80% del valore delle vendite. Non meno eloquente è il dato relativo al segmento “ultra-
contemporaneo”, ovvero gli artisti nati dopo il 1975, che ha visto un crollo del 37,9% tra il 2023 e il 2024,
sintomo della fragilità di un comparto ancora fortemente speculativo. Un altro aspetto spesso sottovalutato
riguarda la distribuzione dei prezzi. Se le cronache celebrano i record d’asta di Jean-Michel Basquiat, capace
di generare fino a 240 milioni di dollari in vendite, o le quotazioni milionarie di Yoshitomo Nara e George
Condo, la realtà per la maggioranza degli artisti è ben diversa. Oltre la metà dei lotti venduti alle aste
contemporanee nel 2024 hanno registrato un prezzo inferiore ai 610 dollari, e quasi l’80% non ha superato i
3.370 dollari. La distanza tra il ristretto vertice dei trophy artists e la larga base della produzione
contemporanea appare quindi sempre più drammatica, rivelando una disuguaglianza interna che rischia di
soffocare la sperimentazione. In questo contesto, il profilo dei collezionisti sta cambiando. Accanto ai
grandi investitori internazionali, emerge una generazione più giovane, sensibile ai temi di inclusione,
sostenibilità e accessibilità, con disponibilità economiche più contenute, ma con un ruolo crescente nel
ridefinire i criteri di valore. Il collezionare non è più soltanto una forma di investimento, ma diventa
partecipazione a un progetto culturale e politico. Anche le politiche fiscali cercano di sostenere il mercato:
l’Italia, ad esempio, ha recentemente abbassato l’IVA sulle opere d’arte dal 22 al 5%, nel tentativo di
stimolare il commercio interno e di rafforzare il ruolo dei collezionisti locali. L’impressione complessiva è
quella di un sistema in bilico. Da un lato, l’arte contemporanea continua a rinnovarsi, trovando nella
tecnologia e nei temi sociali una linfa creativa vitale; dall’altro, il mercato che la sostiene sembra meno
solido, sempre più esposto a oscillazioni globali, disuguaglianze interne e tensioni speculative. La sfida dei
prossimi anni sarà quella di costruire infrastrutture culturali e finanziarie capaci di garantire sostenibilità
anche agli artisti meno noti, valorizzando il pluralismo delle pratiche senza piegarle alla logica del profitto
immediato. Solo così il contemporaneo potrà trasformare le proprie fragilità in occasioni di rinnovamento e
continuare a rappresentare, nel bene e nel male, la complessità del nostro tempo.